LOTTA CONTRO LA VIOLENZA: METODOLOGIE DI INTERVENTO INTEGRATO
18 Jun 2023

Le donne sono un solo popolo disseminato ovunque nel mondo. Hanno problemi eguali che attraversano e travalicano religioni, costumi, culture. La violenza è il problema. 

Shirin Ebadi, Avvocata Iraniana premio Nobel per la Pace 2004


Per contrastare la violenza domestica e di genere è fondamentale un intervento integrato, inteso sia da un punto di vista di costituzione di una rete antiviolenza tra i partner territoriali (forze dell’ordine, centri antiviolenza, l’Ufficio Scolastico Provinciale, Società della salute, le associazioni che hanno nel proprio statuto tale finalità), sia da un punto di vista normativo. 

Per quanto concerne l’aspetto normativo, occorre evidenziare che il  nostro Legislatore, proprio in tempi recenti, ha provveduto ad “integrare” sempre di più le norme penalistiche con quelle civilistiche per garantire più efficienti strumenti nella lotta  alla violenza domestica e di genere. 

Da un punto di vista normativo il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che propone un quadro normativo completo e integrato a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza è rappresentato dalla “Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica", cd. “Convenzione di Istambul” adottata dal Consiglio d'Europa a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata in Italia nel 2013.

La struttura della Convenzione è basata sull’approccio delle “4 P”: 

1) politiche integrate, allo scopo di agire efficacemente su un fenomeno.

2) Prevenzione (con formazione mirata degli operatori coinvolti)

3) protezione delle vittime

4) perseguimento dei colpevoli.

Il rispetto degli obblighi nascenti dal suddetto accordo ha indotto il Legislatore ad intervenire sul codice penale e di procedura penale. 

Con la legge 69/2019 cd. “Codice rosso” sono stati infatti: 

  • introdotte fattispecie penali ad hoc per punire determinate condotte di violenza domestica o di genere. In particolare, nel codice penale la legge in questione inserisce ben quattro nuovi reati: “revenge porn” ai sensi dell’art. 612 ter c.p., il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate; il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, ai sensi dell’art. 583 quinquies c.p.; il reato di costrizione o induzione al matrimonio; violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ai sensi dell’art. 387 bis c.p..
  • è stato inasprito il trattamento sanzionatorio per le fattispecie criminose maturate in ambito domestico o aventi ad oggetto disciminazione di genere; 
  • È stato introdotto l’art. 64 bis disp. att. c.p.p., il quale al fine di assicurare un dialogo tra giudice civile e giudice penale ha previsto che, in caso di separazione o siano in corso cause di affidamento del minore o di responsabilità genitoriale, il giudice penale deve trasmettere senza ritardo al giudice civile copia dei provvedimenti adottati in ambito penale aperto per il delitto di violenza domestica o di genere. 

A questa modifica, di matrice penalistica, a fatto seguito quelle nell’ambito del diritto civile con la cd. “Riforma Cartabia”, ossia il D.Lgs. n. 149/2022 (attuazione della L. n. 206/2021 di delega al Governo). 

Sono molte le modifiche apportate al processo civile, per quanto concerne il tema trattato, il legislatore ha introdotto nel codice di procedura civile un nuovo rito in materia di persone, minorenni e famiglia e un nuovo procedimento relativo alla violenza domestica e di genere, con l’obiettivo di garantire una cooperazione interistituzionale, come previsto dalla Convezione di Istanbul (articolo 15), anche in ambito civilistico, disciplinato dagli artt. 473 bis 40 e ss. c.p.c..

Lo Stato Italiano, nella consapevolezza che il contrato alla violenza domestica e di genere non si realizza soltanto con le norme penali (il riferimento è al codice rosso) ma anche nell’ambito dei procedimenti civili e minorili ha previsto un procedimento ad hoc per garantire la piena tutela alle vittime. 

La rivoluzione copernicana prevista dall’art. 473-bis.40 e seguenti del codice di procedura civile è quella di prevedere la possibilità per la vittima di adire il Giudice in ipotesi di abusi familiari o condotte di violenza domenica o di genere poste in essere da una parte in danno dell’altra o contro i minori. 

Quindi viene tutela ogni forma di violenza: fisica, economica e psicologica come previsto dalla Convenzione di Istambul, essendo sufficiente allegare al ricorso la violenza o l’abuso anche quando ciò non integra un’ipotesi di reato.  

La procedura appare diretta a garantire la velocità e la snellezza dell’iter processuale, con la massima attenzione ad assicurare la sicurezza della vittima anche evitandone la comparizione ovvero l’incontro con il responsabile e tutelandone la riservatezza dei dati come l’indirizzo di dimora secretato in caso di collocazione protetta (così evitando il fenomeno della “vittimizzazione secondaria”). 

I tratti fondamentali del nuovo procedimento sono i seguenti: 

  • il ricorso introduttivo deve indicare gli eventuali procedimenti, definitivo o pendenti, relativi agli abusi o alle violenze (obiettivo è far dialogare il processo civile e penale); 
  • a seguito dell’iscrizione a ruolo, il giudice adotta il decreto di fissazione dell’udienza che, diversamente dagli altri procedimenti familiari, non contiene l’invito a rivolgersi al mediatore quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena  anche non definitiva, provvedimento cautelare civile o penale o quando penda procedimento penale in una fase successiva a quanto indicato dall’art. 415 bis c.p.p. per abusi o violenze; 
  • le parti possono non comparire personalmente e per evitare processi di vittimizzazione secondaria il giudice deve astenersi dal procedere ad un tentativo di conciliare e dall’invitarle a rivolgersi ad un mediatore; 
  • se le condotte violente emergono emergono successivamente la nomina del mediatore, la legge prevede che il mediatore deve interrompere il percorso già intrapreso; 
  • per quanto concerne l’attività istruttoria, il giudice può procedere con l’interrogatorio libero delle parti anche con l’ausilio di tecnici operanti in ambito sociale o familiare e può disporre indagini a cura dei servizi sociali indicando gli accertamenti da compiere e gli accorgimenti necessari per tutela la vittima e i minori; 
  • se l’abuso o violenza ha ad oggetto un minore procede all’ascolto quindi si riconosce la minore “il diritto a far sentire la propria voce”nei processi in cui è parte.
  • al termine del processo, il giudice può adottare, ai sensi dell’art. 473 bis 46 c.p.c.: ordini di protezione contro gli abusi familiari, disporre la cessazione della condotta pregiudizievole; disporre l’allontanamento della casa familiare; il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima; regolamentare il diritto di visita; disporre l’intervento dei servizi sociali o sanitari. I servizi sociali possono anche avere il compito di elaborare dei progetti finalizzati al reinserimento sociale e lavorativo del soggetto.